Uno dei momenti più delicati ed impegnativi per le organizzazioni è rappresentato dalla ricerca, selezione ed assunzione di nuovi collaboratori, che possiedano contemporaneamente sia le competenze richieste per il ruolo, sia visione o valori simili a quelli dell’azienda: un mix ottimale per rendere subito operativo, ben integrato e soddisfatto il nuovo assunto.
Siamo tuttavia consapevoli che non è facile trovare il candidato perfetto. Purtroppo in molte PMI i titolari o responsabili, hanno sì l’interesse ad inserire il profilo migliore, ma potrebbero non possedere competenze o ignorare le best practices per distinguersi dai competitors nel processo di recruiting. Inoltre, il mercato del lavoro con i suoi disequilibri non facilita certo le cose.
Quante volte ci si accorge di aver assunto e formato un collaboratore, che poi non corrisponde ai canoni richiesti, non si sente coinvolto e lascia l’azienda dopo pochi mesi? Perdita di tempo e denaro, rallentamenti e danneggiamento della reputazione, sono le conseguenze dirette; gli errori quindi producono costi.
Ecco perché è necessario conoscere quali sono i rischi e i risultati di un operare sbagliato. Capire invece quali sono le azioni e le cose da fare per trovare il candidato (quasi) perfetto, che sia competente, allineato al team e diventi soddisfatto di farne parte, significa operare in maniera sensata e strategica.
E’ appurato che le persone siano il motore di una realtà produttiva: sono loro che permettono di raggiungere il vantaggio competitivo e fare la differenza; vanno scelte bene, inserite e gestite con efficacia, coinvolte, sostenute e seguite.
Nella PRIMA SEZIONE dell’articolo che segue, dopo una panoramica sui problemi attuali presenti nel mercato del lavoro, vedremo insieme i principali errori e le temibili conseguenze di processi sbagliati.
Nella SECONDA SEZIONE, conosceremo successivamente quali sono le corrette procedure per distinguersi dai competitors nel processo di recruiting, affinché l’impresa raggiunga le performances desiderate ed un clima organizzativo facilitante.
PRIMA SEZIONE
Problematiche nel mercato del lavoro ed errori nel processo di recruiting
Durante la vita di un’azienda è naturale che arrivi il momento di assumere una nuova persona: se si è in fase di espansione o se alcuni collaboratori cambiano lavoro o vanno in pensione, occorre trovare nuove leve.
I pensieri e le preoccupazioni che accompagnano chi si occupa di recruiting (e poi formazione del personale), riguardano soprattutto l’individuazione del candidato migliore, che possieda competenze tecniche, conoscenze, attitudini adatte al ruolo, soft skills oggi tanto richieste e soprattutto valori il più possibile in linea con quelli aziendali.
A rendere ancora più difficile il tutto, si aggiunge un fenomeno preoccupante: un’indagine effettuata dall’Ufficio studi dei Consulenti del Lavoro https://www.consulentidellavoro.it/files/PDF/2022/FS/Lavoratori_indagine.pdf - giugno 2022), mette in luce la carenza di lavoratori sul mercato, la difficoltà quindi di trovare i profili richiesti dalle aziende.
Per fornire un dato reale, a giugno 2022 su circa 560mila entrate al lavoro previste, 219mila (ben il 39%) risultava di difficile reperimento. Diverse le cause:
- tra il 2018 ed il 2021 un calo demografico relativo alla popolazione 15 – 64 anni in età da lavoro; tra queste, la riduzione della componente attiva di chi ha un lavoro e lo cerca, l’aumento di coloro che non cercano lavoro o è scoraggiato (+ 194mila);
- cambio di atteggiamento delle persone verso l’occupazione: rifiuto di lavori a bassa remunerazione, irregolari, aumentato dei percettori di sussidi pubblici;
- revisione delle personali priorità di vita nel dopo pandemia (ricordiamo il fenomeno della Great resignation – le grandi dimissioni), più sensibilità a temi come il benessere nei luoghi di lavoro e la giusta work-life balance.
L’ufficio Studi dei Consulenti del lavoro non è ottimista per il futuro.
Quanto sta accadendo è un serio problema, perché se l'azienda non riesce a trovare personale, può subire perdite di fatturato, ridimensionamenti, ricadute negative sul brand aziendale: insomma un circolo vizioso in cui nessuno vorrebbe trovarsi.
E’ chiaro allora che la preoccupazione principale degli imprenditori o di chi si occupa della gestione del personale, diventa quella di attrarre - in una platea sempre più scarsa - i talenti migliori, i profili più adatti per il ruolo vacante nell’organizzazione.
Come fare per essere scelti quale luogo di lavoro preferito dai talenti? Come è possibile distinguersi dai competitor nei processi di recruiting e fare la differenza? quali sono le migliori strategie per attrarre persone competenti, affidabili e fedeli all’azienda?
Le procedure più efficaci ed efficienti sono intrise di – e riescono a comunicare valori, cultura d’impresa, fino a porre le basi per incentivare fin da subito il clima organizzativo desiderato.
Procedendo per gradi, andiamo prima ad esaminare qual è l’errore (o la svista) di fondo che potrebbe permeare in negativo tutto il processo; poi approfondiremo quali sono le varie fasi con l’indicazione degli errori possibili e le loro temibili conseguenze per l’azienda in termini di costi, di immagine, di fatturato.
La mancanza di “visione”, le fasi del processo di recruiting, gli errori più comuni e le conseguenze
Partiamo da una considerazione essenziale: se il titolare e/o i responsabili del personale pensano “cerchiamo talenti, le persone da noi devono eccellere e performare, ma non sono importanti quanto i fatturati”, allora la genesi di tutti gli errori si trova proprio nell’impostazione di valori di fondo sbagliati.
Tutti i processi aziendali saranno “contaminati” a cascata da una visione distorta delle “risorse umane”: le persone sono ritenute “numeri”, diventano mere esecutrici.
L’iter del recruiting e formazione diventa viziato, poiché potrebbe non tenere conto di tutte quelle caratteristiche più “umane” dei candidati quali valori, desideri, motivazioni, preferenze, potenzialità - ingredienti che possano rendere il luogo di lavoro anche un luogo di crescita personale, se non addirittura “spirituale”, con riscontri positivi sulla comunità, società nel complesso e chiaramente sui fatturati.
Il non mettere al centro le Persone, ha conseguenze negative: demotivazione, frustrazione, ansia, stress, che diventa poi elevato turn over, perdite di tempo e denaro, danni all’immagine aziendale, clima organizzativo non facilitante, tradotto perdite di denaro, sicuramente nel medio e lungo termine.
Per fortuna gli imprenditori, manager o responsabili stanno diventando sempre più sensibili al tema, sempre più attenti al ruolo, funzione e beneficio delle politiche di gestione del personale: dal recruiting, alla formazione, alla gestione delle carriere, ai sistemi di compensazione.
Fasi del processo di recruiting
Per recruiting si intende l’intero processo di reclutamento di una risorsa: inizia con l’analisi delle necessità dell’azienda e termina con l’inserimento nel gruppo di lavoro. Vediamo ora le fasi del processo in oggetto:
- Analisi della posizione vacante
- Creazione dell’annuncio di lavoro
- Ricerca dei talenti all’interno e ricerca all’esterno
- Verifica dei Curriculum Vitae
- Colloquio di lavoro
- Assunzione ed inserimento
Esaminiamole una per una, indicando i rispettivi errori e le conseguenze.
1) Analisi della posizione vacante
E’ il momento in cui ci si rende conto che è necessario inserire un altro/a collaboratore/collaboratrice, che svolga determinate mansioni, si individuano pertanto competenze, capacità ed abilità necessarie. Più si è precisi, meglio si inquadra il profilo.
Gli errori più comuni sono: mancata raccolta di informazioni, ignoranza sulle mansioni caratterizzanti, fretta di inserire una nuova risorsa, assenza di dialogo tra titolare e team di lavoro, mancanza di competenze tecniche per valutare il posto vacante (magari in settori ad alto impatto tecnologico).
Conseguenze temibili: una cattiva analisi porta alla costruzione di un annuncio relativo ad un profilo sbagliato, con assunzione di persona non adatta al ruolo, magari dotata di pluricompetenze, ma non idonea; frustrazione, demotivazione, difficoltà di inserimento nel team, ridotte performance, dimissioni e quindi perdita di tempo e denaro;
2) Creazione dell’annuncio di lavoro
Esso deve contenere il nome dell’azienda e la sua descrizione, i suoi valori e la mission, le caratteristiche della posizione, le mansioni, la retribuzione, i vantaggi offerti.
Gli errori più comuni: genericità o incompletezza delle informazioni, mancata attrattività e candidatura di persone talentuose. L’azienda perde occasioni preziose, in più rischia di essere sommersa da mail o chiamate mirate a comprendere meglio l’annuncio;
3) Ricerca dei talenti all’interno e ricerca all’esterno
Una volta creato l’annuncio di lavoro, le aziende possono cercare il candidato in due luoghi: internamente, proponendo il ruolo a chi già lavora per lei, oppure esternamente.
Uno degli errori più comuni che può compiere un titolare o un selezionatore è non tenere conto di chi già nel team possiede tutte le qualità per il posto vacante: ci può essere infatti una certa cecità nei confronti dei propri collaboratori.
Ciò accade quando non si dispone di un sistema idoneo di valutazione delle performance delle proprie persone o non esiste anche un sistema di gestione delle carriere. Se l’azienda vuole distinguersi dai competitors nel processo di recruiting, non può tralasciare la valorizzazione dei talenti interni.
Come possibili conseguenze: perdita di tempo, incremento di insoddisfazione da parte di quei membri del team che hanno tutte le carte in regola per il nuovo lavoro e non vengono “visti” dai responsabili, costi opportunità nel formare poi soggetti esterni, quando si hanno all’interno;
4) Verifica dei curriculum vitae
Si tratta di un passaggio essenziale, durante il quale i responsabili esaminano i curricula, selezionano quelli ritenuti più in linea, creano una rosa di nominativi per il colloquio conoscitivo.
L'errore subentra se non si presta la dovuta attenzione e non si dispongono di capacità di lettura più fine: si perdono di vista i profili migliori. Se non c’è chiarezza su chi si cerca (meglio un super competente o un poliedrico?), si rischia di scartare c.v. interessanti.
Le dirette conseguenze sono: assunzione della persona sbagliata, che non performa, che non si trova bene e che se ne andrà – successivo alto turn over, perdite economiche, riduzione del brand reputation;
5) Colloquio di lavoro
La fase del colloquio vero e proprio (on line o meglio in presenza), permette di conoscere di persona i candidati e valutare hard e soft skill; l’incontro può essere uno o più di uno, individuale o in gruppo per testare anche la predisposizione al lavoro in team.
Tra gli errori più comuni ricordiamo l’incapacità dei selezionatori, se non ben formati, di raccogliere info più “nascoste”: attitudini, passioni e potenziale ancora inespresso. Può capitare anche di non verificare se il candidato abbia “gonfiato” il suo c.v., pratica scorretta certamente, che richiede un selezionatore più arguto ed attento.
Tra i fattori più importanti da indagare poi, ci sono i valori personali e professionali: se essi non sono in linea con quelli aziendali, c’è il rischio che il candidato, una volta assunto, non operi in sintonia con il team, si senta non idoneo al ruolo, non si impegni nelle mansioni a discapito delle performance e del clima aziendale.
Altra criticità, è il mancato utilizzo di strumenti di valutazione del candidato (quali test attitudinali, prove pratiche).
Se nella fase del colloquio non si vagliano bene tutti i fattori, si rischia di assumere una persona non idonea che potrà non performare bene, non condivide i valori aziendali e non lavora in sintonia con il team e se ne andrà;
6) Assunzione ed inserimento
E’ la fase finale, quella tanto auspicata sia dai titolari, sia dai collaboratori. Se in sede di assunzione l’azienda non mantiene le promesse in termini di livello ed inquadramento retributivo, le persone si sentono tradite e possono decidere di lavorare garantendo il “minimo indispensabile”: subentrano frustrazione, ripicca e demotivazione. Poi appena possibile, se ne vanno dove vengono retribuite di più.
Se l’azienda non cura l’inserimento del personale, allora i danni possono essere alti: i processi di integrazione, socializzazione e formazione sono momenti in cui si rafforza il collante, si crea engagement. Così facendo non vengono passati correttamente i valori e la cultura aziendale, con la conseguenza che clima aziendale e performance peggiorano.
Va detto anche che, ad oggi, se un’organizzazione non si occupa di formazione rischia di restare indietro e poi di uscire dal mercato.
Riassumendo quindi, le conseguenze negative più evidenti di un processo di recruiting disfunzionale sono:
- scelta del candidato sbagliato
- difficoltà e/o mancata integrazione del nuovo assunto
- insoddisfazione delle persone, quindi team non efficienti
- ricadute negative sul clima aziendale
- prestazioni ridotte rispetto al potenziale (scelta di persone con competenti)
- aumento costi della formazione
- elevato turnover
- perdita di tempo
- mancato raggiungimento o rallentamento di obiettivi di fatturato
- ricadute negative per il brand reputation
SECONDA SEZIONE
Le soluzioni possibili
1) Costruzione del processo seguendo i valori aziendali, attrarre per visione comune
Un processo di recruiting è efficace quando è strutturato intorno a diversi pilastri: attraggo candidati che condividono valori, visione e mission. Risponde un po' alla domanda “anche tu credi in ciò che credo io?” oppure “noi facciamo questo perché vogliamo…”.
Si parte così avvantaggiati: ciò svilupperà il senso di appartenenza, la motivazione, l’impegno e l’engagement se si viene assunti. Successivamente il legame sarà rinforzato dalla formazione: da lì passano non solo informazioni tecniche, ma anche cultura d’impresa e clima aziendale.
Come un’azienda rafforza la sua capacità attrattiva? Certamente comunicando i propri valori e la mission verso l’esterno tramite vari canali (pubblicità, marketing, presenza sul territorio, cura delle relazioni con i vari stakeholder, customer care). Ma sono anche gli stessi collaboratori che possono portare fuori dalle mura aziendali valori e clima organizzativo: essi diventano testimoni diretti e questo è molto potente.
2) Credere fortemente nella centralità delle persone
Ritenere che grazie alle persone si raggiunge il vantaggio competitivo. Dalla prima all’ultima fase del recruiting tutte le azioni saranno orientate a comunicare questo;
3) Analizzare correttamente la posizione vacante
Conoscere veramente il bisogno, parlare con i membri del team, con i responsabili di settore, comprendere quale gap colmare, quali competenze servono. Ciò è possibile se nell’organizzazone c’è un approccio aperto al confronto, al dialogo, ai suggerimenti, dove anche i profili professionali più bassi contano. Quindi favorire lo scambio e la co-costruzione di progetti di inserimento.
Perché più si è precisi, più arriveranno candidature di chi veramente interessato e motivato, con ripercussioni positive sulle fasi successive e meno tempo perso;
4) Favorire un linguaggio chiaro, preciso e contemporaneamente attrattivo negli annunci
Indicare tutte le voci (nome azienda, descrizione, descrizione del posto vacante, obiettivi, livello e retribuzione, eventuali incentivi), soprattutto comunicare i valori aziendali. In generale, la chiarezza premia sempre: avvicina, crea fiducia e rafforza il brand reputation;
5) Ricerca interna dei profili necessari e poi esterna
Verificare se nell’organico c’è già una persona che potrebbe occupare il posto vacante: questo avviene se il titolare o responsabile conosce bene i propri collaboratori, è partecipe nei processi produttivi, se esiste un clima interno dove tutti operano per il successo dell’impresa.
Dare la possibilità di cambiamento o avanzamento di ruolo può essere visto come un premio da parte di alcuni dipendenti. Ne beneficia la motivazione e l’engagement. In più chi è interno, conosce già struttura, cultura e valori, avrà bisogno di meno formazione ed è subito operativo.
Se internamente non esiste la risorsa cercata, allora rivolgersi chiaramente ai candidati esterni: ci sono diverse nuove professionalità che possono essere inserite e che fanno al caso dell’impresa.
6) Utilizzare ed aggiornare sempre un database o archivio con tutti i c.v. ricevuti nel tempo
In futuro si potrebbero ricontattare candidati, che risultano migliore per un’altra posizione (sempre che siano ancora disponibile chiaramente). Tenere quindi aperta una relazione, un dialogo.
Ecco perché le aziende dovrebbero sempre rispondere con una mail o telefonata a tutti coloro che si candidano per le varie posizioni aperte e non vengono chiamati. Significa trasmettere il senso di cura, i valori aziendali, ne beneficerà l’immagine aziendale;
7) Affidare a soggetti terzi il servizio di recruiting, quando lo sanno svolgere meglio dell’azienda
Quando si è consapevoli di non possedere competenze, quando non si ha tempo, allora si affida ad enti esterni la gestione delle diverse fasi. Lavorare insieme in ottica di collaborazione sinergica, aiuterà certamente. Affidare a terzi il servizio significa risparmiare tempo e indirettamente anche denaro;
8) Essere chiari, diretti e franchi nei colloqui di lavoro, per stimolare parallelamente trasparenza nei candidati
In sede di colloquio non farsi guidare da eventuali pregiudizi, chiedere più informazioni possibili al candidato sia sulle sue esperienze professionali, sia su hobby e passioni che tanto dicono di lui, domandargli come risolverebbe dei problemi al lavoro (per testare una mentalità proattiva e capacità di problem solving).
In più confrontarsi sui valori che guidano il suo progetto lavorativo: sarà più semplice creare engagement, attrazione per coerenza di vedute. Utilizzare poi altri strumenti di valutazione, come test attitudinali, role playing, prove pratiche, colloqui di gruppo: tutto serve per avere il quadro migliore possibile del candidato.
Se il colloquio non andasse bene, sarebbe ottima cosa poter riferire al candidato anche le motivazioni, in modo costruttivo: cosa potrebbe migliorare, dove può apprendere ancora. Questo può rappresentare un modo per distinguersi dai competitor nel processo di recruiting.
9) Assumere con l’impegno di curare l’inserimento nel team di lavoro
In sede di assunzione o onboarding, curare l’orientamento, facilitare l’ingresso della nuova leva nel team che, se già affiatato, creerà momenti di socializzazione ed integrazione top (riunioni di lavoro o extra lavoro).
Spiegare bene quali sono gli obiettivi aziendali, come si vogliono raggiungere insieme a tutti. Se necessario affiancare anche un tutor o mentor, che seguirà passo passo l’inserimento e l’integrazione;
10) Curare il rapporto con i propri collaboratori
Non è sufficiente fermarsi all’assunzione e formazione d’ingresso: occorre prendersi cura delle persone negli anni. L’azienda cresce grazie a loro e con loro – loro crescono anche grazie ad essa. Un circolo virtuoso che sarà visibile anche all’esterno, incentivando sempre l’attrattiva dei talenti.
Ciò porterà inevitabilmente vantaggio competitivo, aumento dei fatturati, migliore clima aziendale percepito;
11) Utilizzare strumenti di analisi di clima aziendale
E’ importantissimo comprendere cosa percepiscono i collaboratori, come si trovano, cosa pensano dell’azienda: offre spunti preziosi per capire se veramente le proprie persone sono felici di fare parte dell’organico, perché esse porteranno verso l’esterno quanto vivono, diventano testimoni diretti nei confronti di clienti, potenziali clienti e, nel nostro caso, nuovi candidati.
In conclusione, per distinguersi dai competitor nel processo di recruiting, occorre mettere al centro le persone, che sono il motore delle imprese.
Se ci pensiamo bene il sistema azienda funziona in modo efficiente ed efficace quando si ha la possibilità di conoscere e verificare in ogni momento qual è il clima organizzativo, in quanto va ad indagare la percezione che i collaboratori hanno in quattro aree tra loro interconnesse: persone, risultati, relazioni ed organizzazione.
Conoscere il clima aziendale ed adoperarsi per mantenerne alto il livello, si traduce infatti anche nell’individuazione delle corrette politiche di recruiting e gestione del personale.