Quando l'azienda cresce, c'è spesso bisogno di una nuova persona: una volta selezionata ed assunta, è la fase di onboarding a fare la differenza, perché è proprio qui che si gioca l'ingaggio del nuovo collaboratore.
Se l’impresa vuole eccellere, occorre individuare quelle strategie che permettano il miglior inserimento, attraverso canali come la formazione, i processi di integrazione e socializzazione con il team, funzionale a favorire apprendimenti, interiorizzazione dei valori e comprensione via via della cultura aziendale.
Questo impegno prioritario fa si che, man mano che cresce l’organizzazione, si creino le fondamenta per creare e poi mantenere un buon clima aziendale, base per il felice operare imprenditoriale, sia per il titolare, sia per le persone che collaborano con lui.
Ma cosa accadrebbe se una volta assunta la persona, non si curasse il processo di onboarding, ossia tutte le pratiche formali ed informali di inserimento? Quali i rischi e i potenziali danni possono scaturire?
La persona assunta si sentirebbe trascurata, non accolta, non formata e nell’arco di pochi mesi potrebbe dimettersi. Così si disperdono energie, aumentano i malumori nel team già presente, peggiora il clima aziendale: un circolo vizioso in cui nessuno vorrebbe trovarsi, perché ciò significa aumento di costi e calo dei fatturati.
In questo articolo cercheremo di capire perché è importante curare l’inserimento del nuovo assunto o nuova assunta: individueremo le varie problematiche e le conseguenze di un procedere errato.
Poi individueremo le strategie per creare e mantenere un buon clima aziendale, fin dall’inizio, con un focus sull’onboarding, affinché la persona divenga nel breve tempo possibile operativa, ma soprattutto si senta parte integrante di un team di lavoro efficiente ed efficace, ne condivida i valori e si senta soprattutto felice.
L’inserimento in azienda di una nuova persona è sempre un momento delicato che necessita di tanta attenzione: è impegnativo certamente, ma è proprio in questa fase che si pongono le basi di un rapporto di lavoro proficuo, duraturo e soprattutto si investe per favorire e/o mantenere un buon clima aziendale.
Nei primi mesi, il focus è quello di stimolare nella persona la parte cognitiva (gli apprendimenti, il come e perché) e la parte più emozionale (le sensazioni e percezioni), attraverso momenti formativi ad hoc, incontri, presentazioni, scambi. Esse rappresentano leve molto potenti per favorire fin da subito il progressivo ingaggio con l’azienda.
Non solo. Se il titolare o chi si occupa di gestione delle persone cura fin dall’inizio dell’attività d’impresa le strategie per creare e mantenere un buon clima aziendale, sarà molto più facile avere nel team collaboratori felici di andare a lavorare, motivati e soprattutto fedeli. La soddisfazione viaggerà di pari passo tra le persone e il titolare: potranno migliorare conseguentemente i risultati economici ed il successo.
Relativamente alla fase di inserimento, a seconda anche del tipo di mansione, nei primi tre/sei mesi vengono passate informazioni tecniche su come svolgere il nuovo lavoro, vengono trasmessi e meglio fatti comprendere i valori e la cultura aziendale, possono essere migliorate le soft skills, tanto importanti oggi, quanto le hard skill.
E’ proprio durante l’inserimento che si consolida l’immagine dell’azienda: da parte del nuovo assunto e parallelamente da parte del titolare. Entrambe possono ricevere conferma di aver fatto scelte giuste.
Riflettendo su quanto scritto finora, se ci pensiamo bene, chi di noi appena entrato in azienda, vorrebbe ridurre il più possibile lo stress dell’onboarding? comprendere come funzionano attività, relazioni e sentire di lavorare nel posto giusto? Quale titolare vorrebbe avere nell’organizzazione un collaboratore che riesce a far parte il prima possibile del team, sia coinvolto, felice e si impegni per il raggiungimento degli obiettivi aziendali?
Se nelle grandi aziende c’è molta più attenzione alla cura dell’onboarding, perché ritenuto essenziale per raggiungere il vantaggio competitivo, tre le PMI sono ancora poche le aziende che investono in tal senso.
Ciò per vari motivi: mancanza di cultura della cura delle nuove leve, scarsa conoscenza di talune strategie di gestione dei collaboratori, fretta nell’inserimento, poco tempo a disposizione da parte dei senior per seguire i nuovi arrivati, pregiudizi da parte dei colleghi e del team, demotivazione e costi molto elevati.
Quali sono quindi gli errori più frequentemente commessi durante la fase di onboarding? E quali le conseguenze?
Vediamole insieme.
- obiettivi e mission poco chiari da parte dei titolari: se manca un’idea chiara di dove si vuole arrivare, i fondatori d’impresa non possono orientare e formare una nuova leva. E’ fondamentale sapere cosa si vuole, entro quando e come, per poter creare team di valore. Si rischia navigare “a vista”, di apparire agli occhi di chi entra in azienda come molto disorganizzati e disorientati. La motivazione cala, i talenti se ne possono andare, si rischiano perdite economiche;
- non aver curato prima, non curare durante e dopo, la creazione od il mantenimento di un buon clima aziendale, che fa la differenza tra un’azienda in difficoltà oppure di successo. Sappiamo quanto esso sia importante per il benessere delle persone: se non si è fatto prima un’adeguata analisi e non si sono realizzate le necessarie correzioni, la situazione che incontrerà il nuovo assunto sarà quella di un potenziale malessere generalizzato, mancata centratura, persone non felici, disimpegno. Questo può certamente minare la voglia di fare di chi entra in azienda per la prima volta, in quanto non vive in prima persona il senso della condivisione degli sforzi per il raggiungimento degli obiettivi aziendali;
- non chiarire bene al nuovo assunto o nuova assunta cosa ci si aspetta da lui o lei, cosa deve fare e quale il suo piano di carriera. Questo crea disorientamento e demotivazione, senso di abbandono a sé stessi, calo della motivazione, riduzione dell’ingaggio iniziale, alienazione e rischio di dimissioni entro il primo anno;
- lasciare da sola la persona e farla apprendere in autonomia: molti collaboratori vengono abbandonati, non seguiti, con conseguente aumento del rischio di dimissioni. La percezione è quella della scarsa cura, con il rischio che si venga anche ripresi per degli errori commessi lavorando, malgrado l’impegno;
- non pianificare bene l’inserimento e non fornire la giusta formazione: sappiamo quanto sia importante definire un programma di onboarding, con delle crono-scadenze da rispettare. Se poi il nuovo/a assunto/a non viene seguito nel suo apprendimento, si rischia di vederlo lavorare al “minimo” delle sue possibilità. E’ risaputo come la mancanza di formazione produca ricadute negative sulle prestazioni richieste, sulla motivazione e sull’ingaggio;
- non avvisare il team dell’arrivo di una nuova persona: è fondamentale non commettere questo errore, in quanto sarà il team stesso che potrà prendersi cura del o della collega. Non favorire correttamente i processi di socializzazione ed integrazione, rende la nuova persona potenzialmente insicura, facendola sentire poco accolta. E’ chiaro che ciò produrrà potenziali perdite di motivazione, impegno, voglia di collaborare per raggiungere i risultati comuni;
- aspettarsi che la nuova persona sappia fare tutto e subito: è certamente un’illusione aspettarsi che il collaboratore sia in grado di svolgere subito in autonomia i compiti che gli vengono assegnati. Ecco perché non dovrebbe mai mancare un percorso formativo sia per potenziare le hard skills, sia per migliorare le soft skills;
- non dotare il nuovo assunto o la nuova assunta delle attrezzature necessarie per svolgere il proprio lavoro o farlo lavorare in ambienti di cui non si percepisce sicurezza e salubrità;
- ultimo ma non meno importante è la generale delusione delle aspettative: sia dal punto di vista del collaboratore, sia del team e sia del datore di lavoro. Ciò accade perché fin dall’inizio non c’è stata la corretta comunicazione e passaggio di informazioni.
Le macro conseguenze degli errori si possono riassumere in diversi punti:
➡ Scarsa fiducia nella proprietà aziendale, disimpegno, dimissioni o quiet quitting (https://alleyoop.ilsole24ore.com/2022/08/24/quiet-quitting/);
➡ Clima aziendale negativo con ricadute sui fatturati, efficacia ed efficienza aziendale;
➡ Perdite di tempo, costi aggiuntivi;
➡ Indirettamente, minore attrattività nei confronti dei clienti che possono percepire nel front-office la scarsa attenzione verso le persone.
I criteri da seguire fin dall'onboarding, per il successo aziendale ed il benessere delle persone: strategie per creare e mantenere un buon clima aziendale.
Un’organizzazione funziona perché tutti i collaboratori, a prescindere dal livello o mansione svolta, collaborano insieme per raggiungere risultati comuni. Quando vengono allineate le strategie di gestione del personale agli obiettivi di business, nel rispetto dei valori aziendali, si fa la differenza.
Oltre al processo di recruiting, le varie fasi di onborading si dicono di successo se riescono a far sentire il nuovo arrivato un effettivo membro del team aziendale, condividendone visione, valori e obiettivi.
Quindi i primi tre/sei mesi saranno fondamentali affinché avvenga il miglior riconoscimento, assimilazione ed allineamento all’organizzazione, il che non significa chiaramente rinunciare ai propri obiettivi professionali e personali, ma sentirsi coinvolti ed anche felici di essere lì.
Quali sono allora le migliori strategie per creare e mantenere un buon clima aziendale durante le fasi di onboarding? Cosa possono fare le PMI e quali i vantaggi?
Ecco un elenco esaustivo, da cui prendere spunto:
- in primis, avere ben chiari da parte dei titolari, gli obiettivi di business, la mission e la vision. Sapere quali sono, rende più facile condividerli con i nuovi assunti che, già attratti in fase di recruiting, si sentiranno ancora più coinvolti. Ciò aumenta l’ingaggio e produce vantaggi di non poco conto;
- curare la formazione nei vari modi possibili: sia per migliorare le hard skill e colmare gap prestazionali, sia per migliorare le soft skills. Si può ricorrere alla formazione tradizionale d’aula, con la quale i costi sono più contenuti, a discapito di un maggior ingaggio e motivazione; oppure all’apprendimento diretto sul campo, affiancando un senior, che si prende in carico la persona. Ci sono poi forme più innovative di stimolo all’apprendimento, quello esperienziale, come role playing, l’outdoor training dove può essere privilegiato il lavoro di squadra e lo stimolo di competenze legate alla leadership, autonomia, flessibilità, lavoro in team, approccio al cambiamento. E’ certamente più costoso, più difficile da realizzare, ma è quello che può produrre reali cambiamenti migliorativi nelle persone e quindi anche nel nuovo assunto;
- prevedere colloqui o riunioni di ingresso con un responsabile e, laddove necessario anche con il team: possano essere trasmesse informazioni tecniche, dati essenziali, spiegazione di procedure. Il vantaggio è quello di dotare la nuova persona di strumenti di comprensione del lavoro a favore dell’autonomia e della percezione del senso della cura;
- favorire momenti di socializzazione ed integrazione, presentazione al gruppo, o seminari, party, l’ascolto di storie aziendali. E’ veramente importante curare tali processi, perché permettono l’apprendimento dello stile comunicativo interno e fanno respirare la cultura. Tanto più saranno efficaci i momenti di incontro, quanto più aumenterà il riconoscimento dei valori condivisi, la motivazione, il senso di appartenenza, l’instaurarsi di un buon clima interno;
- prevedere delle verifiche in itinere del livello di apprendimento ed integrazione, al fine di garantire il miglior inserimento della persona e la crescente motivazione al lavoro;
- curare la comunicazione (nella modalità) quindi ascoltare il nuovo assunto in merito a possibili difficoltà, necessità di confronti. Permettergli anche di apprendere qual è il linguaggio interno, specchio della cultura e clima organizzativo. La comunicazione facilita la socializzazione ed il riconoscimento dei valori, aumenta la trasparenza, la cooperazione, la coesione, la fiducia, la consapevolezza del proprio ruolo;
- utilizzare vari strumenti di comunicazione, come ad esempio newsletter interne, bacheche, intranet, guide, manuali e nelle più strutturate PMI anche giornali aziendali, trovare quindi più canali che facilitino l’inserimento e la comprensione;
- favore l’apprendimento cooperativo, quando il team si fa carico della persona ed insieme si osservano e si cercano di risolvere problematiche, potendo anche contare su un punto di osservazione di un occhio ancora “esterno”;
- prevedere un affiancamento al nuovo collaboratore, come un tutor, un mentor, un coach;
- far si che gli ambienti di lavoro siano dotati dell’attrezzatura necessaria;
- illustrare, laddove esista, la CARTA DEI VALORI: può essere scritta dai fondatori come documento guida all’attività in generale, mostrata e commentata al momento di ingresso del collaboratore.
In sintesi, è comprensibile capire che le migliori azioni per l’onboarding si traducono in strategie per creare e mantenere un buon clima aziendale.
Quale prassi in sintesi, devono seguire le PMI per far si che costruiscano nel tempo un'organizzazione solida, efficiente, che produca risultati? Come le persone possono realizzarsi ed essere felici nel luogo di lavoro?
Se l'azienda cresce, è molto probabile che nel tempo aumentino i collaboratori: la gestione delle persone è la cosa più difficile da fare, proprio per la natura umana.
In una visione di medio lungo termine, l'imprenditore o chi si occupa di gestire persone, deve strutturare strategie per creare e mantenere un buon clima aziendale.
Allora diventa necessario analizzarlo periodicamente, per comprendere se il livello di ingaggio, proattività, motivazione e benessere nelle persone e tra le persone, esiste ancora come all’inizio.
Si valuta la percezione dei collaboratori in merito a vari ambiti, includendo anche la visione e percezione dei nuovi assunti.
Se qualcosa non va, intraprendere da subito azioni migliorative che tarino i vari interventi di gestione delle risorse umane, dal recruiting all'onboarding, affinché già dai nuovi assunti si crei quel mix di stati e situazioni dove si percepisca benessere, efficacia ed efficienza.
CliWell supporta le PMI nell'analisi del clima aziendale: perché cambiare e migliorare è sempre possibile e avere a cuore il benessere delle persone premia sempre.